sabato 22 novembre 2008

Cioccolatissimissimo

Basta con tutte queste ricette di pastasciutta, cambiamo un pò genere: e vai col dolce!
Oggi ho fatto la torta brownie al cioccolato.
Ecco a voi svelato il segreto di tanta bontà.

BROWNIE AL CIOCCOLATO

Difficoltà: @@ (ah, i misteri della cottura a bagnomaria!)

Ingredienti

150 gr ciccolato fondente
150 gr burro
90 gr zucchero
110 gr farina
1 bustina di vanillina (o 1/2 fialetta di aroma vaniglia)
2 uova
1/4 di cucchiaio di lievito per dolci

Preparazione
Squagliare il cioccolato a bagnomaria insieme al burro (definizione di bagnomaria: in un padellino riempito per metà d'acqua, inserire un recipiente più piccolo in cui mettere il cibo da cuocere; portare ad ebollizione ed attendere che la cottura sia ultimata).
Nel frattempo in un recipiente mischiare la farina con il lievito e la vanillina, poi aggiungere le uova e lo zucchero, e infine unire il tutto al cioccolato fuso, mescolando bene fino ad ottenere un composto bello denso.
Poi prendete una teglia del diametro di circa 25cm, la imburrate e infarinate (oppure se vi sembra troppo difficile -caprette!- copritela con della carta forno), quindi versateci dentro il preparato per la torta.
Ah ah, e qui v'ho cioccato!
Che vi siete dimenticati? Alzi la mano chi lo sà! ...ma dai, è ovvio, il forno! Va sempre pre-riscaldato durante la fase di preparazione. Vabbè, facciamo finta che lo abbiate fatto, piccoli mentecatti.
A questo punto, col forno a temperatura 180°, potete inserire la teglia e attendere che la vostra torta sia pronta. Ci vogliono circa 30 minuti, ma voi per sicurezza fate sempre la prova-stuzzicadenti, che quella non vi tradisce mai.
Ah, la prova-stuzzicadenti, se non ci fosse bisognerebbe inventarla. Ma voi che ne sapete, brutti mangiapane a tradimento. Voi basta che magnate, che ve frega.
Qualche predicozzo dopo, sfornate la vostra bella torta cioccolatosa e attendete che si raffreddi un pò. Dopodichè, se volete proprio fare i brownie all'americana, la tagliate a quadrotti.

Buon appetito, paffuti nemici delle diete.

Au revoir, a la prossima riscetta miei cavi!

mercoledì 19 novembre 2008

Mezze maniche con zucca e pancetta

Care amiche e amici golosetti, credevate vi avessi abbandonati, eh?
E invece no, anzi. Mille ricette ho in serbo per voi. Questa e altre 999, o giù di lì.

Come avrete SICURAMENTE letto in giro, questo è il periodo della zucca. Sì, anche se non ci sono più le mezze stagioni. La zucca non ci abbandona mai.
Io personalmente adoro questo ortaggio, non solo per il sapore e per la sua versatilità, ma anche e soprattutto per il colore. Volete mettere preparare piatti brutti e marroncini piuttosto che servire fumanti portate di uno sgargiante arancio? E sù, no. E poi dicono che Novembre è un mese triste. I morti ormai non se li fila più nessuno, perchè la notte prima è Halloween e il giorno dopo lo passano tutti a riprendersi dalla sbronza. Il freddo da lupi è storia trapassata (l'ho già detto che non ci sono più le mezze stagioni?). In più è anche il periodo dell'ortaggio più colorato che ci sia (con tutto il rispetto per la Signora Carota, che a me poco aggrada)...insomma, dai, stateci. Evviva Novembre.

E per onorare questo bel mese (in cui, tra l'altro, sono nata io), oggi vi propongo una ricetta facile facile che potete fare tutti.
E infatti il grado di difficoltà è: @ (per la legenda vedete il post precedente)

Titolo: Mezze maniche zucca e pancetta

Ingredienti per 4 persone
mezzo kilo di pasta tipo mezze maniche (sennò anche le pipe rigate vanno benissimo)
zucca (diciamo, meno di un quarto di una zucca di media grandezza. Se volete più precisione avete sbagliato blog. Qui si va a occhio.)
due fette di pancetta affumicata
cipolla
vino bianco
olio extravergine d'oliva
salvia
cannella
noce moscata
sale
pepe nero
ricotta salata

Procedimento
Prendete il pezzo di zucca, togliete i semini e sbucciatelo. Metà della zucca taglietela a cubetti e fatela rosolare in un pò di olio extravergine con la cipolla, sale e pepe. Fatela cuocere per 10/15 minuti, aggiungendo anche un bicchiere di vino bianco fino a farlo evaporare.
Una volta cotta, mettete la zucca con il suo condimento in un mixer e frullare il tutto fino ad ottenere un composto denso (se vi sembra troppo asciutto, aggiungete dell'olio).
La restante zucca tagliatela a pezzettini sottili sottili (che non potete dire di no), alla "julienne", per capirci. Dopodichè tagliate a pezzettini anche la pancetta (privandola della cotenna..oink!).
A questo punto fate rosolare le striscioline di zucca in olio extravergine con alcune foglie di salvia tritate, e condite il tutto con un cucchiaino di cannella e una spolverata di noce moscata (questo è il mio tocco personale, rubato da una ricetta giapponese..hihi!), poi sale e pepe (se la pancetta e molto pepata, evitate il pepe. Elementare, no?).
Fate cuocere la zucca per 5 minuti (se si asciuga, anche qui aggiungete un pò di vino bianco e/o acqua calda), dopodichè aggiungete la pancetta e fate cuocere per altri 5 minuti, poi spegnete il fuoco.
A questo punto voi, previdenti, avrete già messo a bollire l'acqua salata per la pasta...vero? Non mi fate che vi distraete, eh. Oh.
Allora buttate la pasta, aspettate che si cuocia (io la consiglio sempre al dente), poi una volta scolata la mettete a mantecare nella padella con la zucca e vi aggiungete il composto frullato in precedenza.
Servite nei piatti con una spolverata di ricotta salata grattugiata, e la vostra deliziosa pasta arancione è bell'e pronta.
Et voilà. C'est plus facile.

Provate e commentate. Attendo vostri riscontri, miei piccoli adepti.
Che il potere dei fornelli sia con voi.
Andate (a fare la spesa) in pace.

mercoledì 5 novembre 2008

Voglio diventare grande, voglio diventare grande!


Da grande, cioè fra poco..o fra molto, che ai tempi d'oggi non ci si capisce tanto. Comunque, dicevo.
Da grande.
Da grande mi vedo...mi vedo non sò bene in che città. Mi piacerebbe restare a Roma, quale romano vorrebbe lasciare una città che tutto il mondo ci invidia?
Ma d'altronde i tempi sono quelli che sono e domani le necessità potrebbero far sì che io me ne vada, chessò, in Olanda. O in Inghilterra. O in Belgio, perchè no. Insomma, da qualche parte dove sia possibile campare in modo decente. D'altronde si sà, il sole, la pizza e la gente che sorride (ormai neanche più tanto) non è che ci danno di che vivere.
E allora penso alle alternative.
E pensando mi vedo in una città, non sò quale, ma una città carina, con bella gente e brutta gente, con sole un pò sì e un pò no, purchè sia in un Paese migliore, magari proprio l'Italia di domani. Chissà.
E in questa città io abiterei in una bella casetta. Un'appartamento modesto, colorato, arioso, con tante finestre e magari un balconcino. O un giardinetto. Ma bastava già il balconcino.
La cucina la immagino di legno scuro e piastrelline verdi, stile Nonna Papera, con un davanzale adornato da vasi di piante aromatiche e in giro tante padelle, scodelle, vasetti di spezie, porta-qualsiasi cosa, trita-tutto, dei colori più svariati. Nella mia cucina ci vedo anche una bella bottiglia di vino con un bicchiere mezzo pieno (o mezzo vuoto, fate voi), sempre pronto per l'uso. E un posacenere con un mozzicone di sigaretta, testimone delle pause tra una mescolatina e l'altra.
Il salone lo immagino caldo, con un divano grande e comodo di quelli che ci affondi dentro, con mille cuscini soffici e i puff per poggiare i piedi (adoro poggiare i piedi). Il tavolino e le poltroncine le vorrei di bambù, con suppellettili di legno e candele profumate sparse per la casa. E scaffali pieni di libri e DVD, non solo quelli preferiti, ma molti ancora da leggere e guardare.
E poi ci vedo anche un angolo con cuscini e un tappeto gigante per terra, tipo harem.
E un paio di cani o gatti, o entrambi, che mi facciano compagnia mentre guardo la tv con la mia copertina trapuntata in patchwork.
Il bagno invece non me lo immagino, il balcone lo intravedo (e comunque è intercambiabile con un ipotetico giardinetto), la camera da letto non saprei, ma comunque non deve mancare un armadio pieno di vestiti, scarpe e accessori. Modesta sì, ma mica scema!
E poi ci vedo un uomo, il mio, sul letto. Eh eh. Possibilmente non in calzini di filo bianchi e telecomando in mano, anche se sò che chiederei troppo, soprattutto in merito all'ultimo punto. Perchè, ahimè, l'uomo te lo sposi con telecomando incluso nel prezzo (e se ti dice proprio male, anche col joystick).

"Vuoi tu X sposare la qui presente Ylenia con la Y?"
"Sì"
"La accendiamo?".

L'amore, una questione di on/off.

Comunque, dicevo.
Da grande, non sò quando, mi ci vedo in questa casa.
Non saprei bene se grassa o magra. Sicuramente non sottopeso, sarebbe impossibile. Più probabile l'ipotesi di obesità, dato che finora ho descritto solo scene in cui cucino o sto sbracata sul divano a bere vino accarezzando gatti. Ad ogni modo, sò già che qualsiasi età io abbia e qualunque sia il mio peso, il mio sport serale preferito sarà chiedere al malcapitato Lui se sono ingrassata, pretendendo comunque una risposta negativa, e passare in rassegna davanti allo specchio i miei cuscinetti di grasso continuando a ripetermi che non è cellulite, ma ritenzione idrica.
Ah, la ritenzione idrica.
E poi da grande mi ci vedo con una bella bicicletta. Una leggera, colorata (non di rosa, odio il rosa!), con cestino e decorazioni inutili ovunque. Ecco, ho questa immagine di me: sorridente sotto il sole, la domenica mattina prendo la mia bici e me ne vado al mercato a comprare i fiori, per poi tornare a casa con una bella piantina di rosmarino e un mazzo di margherite colorate...e tre buste della spesa, una maglietta nuova, un regalo per la vicina che ha fatto il compleanno, un CD di musica new age e un nuovo mascara, il tutto caricato su un taxi, insieme a me e la bicicletta.
E poi, mi immagino nel mio negozio. Sì, perchè le cose che mi piacciono di più sono stare con la gente e comandare. E farmi gli affari altrui.
Allora ho immaginato un lavoro che concilii un pò tutto, e mi permetta di stare a contatto con tante persone in un posto che sia mio e dove chiunque può fare quel che vuole a patto che a me stia bene. Quindi perchè non possedere un locale?
Ma non uno qualsiasi, io vorrei lavorare in una cioccolateria.
Sì, proprio come la Binoche in "Chocolat". Senza troppe pretese, ovvio.
Johnny Depp in tenuta gitana ed espressione del tipo "Donna, scappiamo con la mia roulotte e questa notte ti farò ripetutamente mia" lo lascio ai sogni proibiti, che anche quelli non devono mancare. Dio mi perdoni, perchè ho molto peccato in pensieri impuri.
Dicevo? Ah, si, la cioccolateria.
Mi ci vedo con la divisa da cioccolataia un pò materna un pò sexy, lo smalto color ciliegia e lo sguardo ammiccante, vendere cioccolatini al peperoncino per dare vigore alla vita sessuale delle coppiette della città. E farmi i cazzi di tutti.
Sì, in alternativa avrei potuto immaginare una rivista di gossip regionale, ma sarebbe stata inconciliabile con il cioccolato. Mettere bon bon al cacao come inserti del giornale? Naaa. Meglio la porno-cioccolataia serva.
Mi ci vedo a gironzolare canticchiante tra fiumi di latte e cacao, fare intrugli con spezie ed erbe misteriose (anche illegali), creare sculture di cioccolato come Demi Muur e Patrik Sciueizii (?) facevano con l'argilla in "Ghost", e poi fare all'amore con il mio Lui (quello col telecomando incorporato), tra montagne di zenzero e cannella.
E magari ogni tanto vendere anche qualche cioccolatino.
Ah, che vita sarebbe.
In alternativa avrei pensato alla "frapperia", un neologismo coniato da me appositamente per designare uno dei miei possibili impieghi.
Infatti, nel caso in cui la cioccolateria fosse troppo sputtanata (o fallisse, mentre mi trastullo tutto il giorno in giochini erotici con l'uomo-telecomando), ho già pensato ad un negozietto in cui vendere solo frappè di mille gusti, frappè che nessun altro ha mai neanche lontanamente immaginato.
Tipo il "MI PIACE PICANTO" al cioccolato fondente, pere e peperoncino, o lo "STASERA MI FACCIO MALE" con fragola, mascarpone e panna.
Il locale potrei chiamarlo SOLOFRAPPE' e mi divertirei un mondo a a inventare gadget personalizzati, tipo la sedia a forma di cucchiaino, stile Signora Milù, o il cartello "Torno subito" che in tal caso diverrebbe "A frappè".

Sì, non c'è che dire, da grande avrò proprio una bella vita.

Per ora mi accontento di fare l'assistente di produzione per 160 euro al mese, la laureanda part-time e la frequentatrice sfaticata di palestre.
Oltre che la cuoca a tempo perso e la scrittrice di blog nei pochi momenti liberi.

E intanto mi impegno a diventare grande il prima possibile, a cominciare da domani.
26 anni, e non ci pensiamo più.

mercoledì 1 ottobre 2008

Vincitore del concorso "Best of..."

A furor di popolo (5 persone..) il concorso "Premia il tuo post preferito" è stato vinto con appena 1 voto di scarto dal seguente racconto.

Buon divertimento, miei fidi lettori.
E restate sintonizzati su questo canale.



"PARENTI SERPENTI, PAZZI E DEMENTI"

PROLOGO

Ieri, ore 17 suppergiù.
Mi trovo nel bagno di casa mia tutta intenta ad allisciarmi i capelli.
Sono sovrappensiero, quando ad un certo punto arriva di corsa mio fratello che, con una faccia a metà tra il divertito e lo spaventato, esclama: "Non puoi capì chi sta arrivando..." Suspence. Spengo il phon. Ricambio il suo sguardo con uno altrettanto terrificato.
"...Zia Maria!".
Ora, credo che in tutte le famiglie ci sia una Zia Maria (alzi la mano chi non ha una zia che si chiama così), ma credo (e mi auguro) che pochi abbiano una ZIAMARIA come la mia.
Magari le vostre sono famose per le crostate di marmellata, perchè sono ultracentenarie o perchè abitano nel paese in cui andavate sempre da bambini.
Oppure (volesse Iddio!) per essere fantomatiche zie di cui tutti in famiglia parlano ma che voi non avete mai visto. La mia invece, ahimè, la conosco benissimo.
Sorella di mio nonno, di un'età ignota ma comunque vecchia e baffuta, si esprime raramente e quando lo fà parla in un misto di calabrese-abruzzese con tanto di voce flebile da ammalata terminale che in pochi riescono a decifrare.E' sempre addolorata per qualcosa, e andava in giro con vestiti neri e volto afflitto da vedova ancora prima che lo divenisse.
A volte credo proprio che sia nata vedova.
A detta di mia nonna e delle storie che mi ha raccontato, pare sia arcigna e malvagia. Oltre che una gran rompicoglioni.
Insomma, le manca una mela stregata in mano e poi avrebbe una (non troppo) lunga carriera come Zia cattiva nelle fiabe.
Il suo passatempo preferito è andare al paese a trovare i vari morti al cimitero, e quando parla cita solo persone il cui appellativo inizi con "Il povero.." o "La buon'anima di...".
In seguito a tristi trascorsi è rimasta sola in una casa popolare alla Stazione Termini che puzza di vecchio e ha sempre le serrande abbassate, in compagnia del figlio ultratrentenne stupidotto che passa la sua vita a sudare a qualsiasi temperatura e a fare da tassista alla madre nelle tratte casa a Roma-casa al paese-cimitero/cimitero-casa al paese-casa a Roma.
Oppure si sfascia la pensione a mignotte.
Ora pare però che abbia messo la testa a posto; ebbene sì, perchè recentemente si è fidanzato con una non più giovanissima fanciulla conosciuta tramite annuncio su Porta Portese, disoccupata e separata, a cui hanno tolto il figlio per via della depressione cronica. Insomma, la scaltra signorina pare che abbia trovato il pollo fesso con vecchia al seguito e doppia pensione da spennare, il tutto in cambio di qualche sbavatina sotto la gonna.
Ma torniamo a Zia Maria.
Vi starete chiedendo perchè la famosa Zia ci sia venuta a far visita con il suo pargoletto. E perchè cotale Zia sia così famosa nella mia famiglia.
In risposta alla prima domanda, siamo venuti a conoscenza del fatto che la Malefica Zia sia uscita fuori di senno. E non lo dico per dire.
E' stata trovata nuda dai Vigli del Fuoco, chiusa fuori casa, mentre gironzolava per il palazzo cercando campo per il telefono (tra l'altro quello fisso, non il cellulare).
A questo punto il figlio ha colto la palla al balzo per tirare fuori l'argomento "ospizio", in modo da avere casa libera per sfogare finalmente le sue fantasie represse in anni di sfruttamento. Il problema è che l'ospizio costa, per cui ha citato in ballo i miei nonni dicendo "Me la sono cuccata io finora, ora tocca a voi".
Ovviamente mia nonna gli ha risposto gentilmente "Ma chi ti si caga", e mio nonno, che è di carattere più mite ma non è certo scemo, si è espresso in un tacito silenzio-assenso.
A questo punto il Figliol Prodigo ha pensato bene di chiamare mio padre per avere un incontro. Lo sò, non c'è un nesso logico in tutto questo, ma siccome mio padre tra gli adulti della famiglia è quello che ha più studiato (udite, udite, è quasi arrivato al 4° anno di medicina), tutti lo chiamano per avere consigli e servigi, come se fosse il saggio della tribù. E quindi l'udienza gli è stata benevolmente concessa per ieri pomeriggio.
L'avvenimento non sarebbe stato completamente degno di una soap opera brasiliana se i miei nonni, ignari di tutto, non avessero pensato proprio quello stesso pomeriggio di venire a farci vista con una tale Zia Iolanda, sorella di nonna, che non vedo dal giorno del mio battesimo.
Facciamoci quindi due conti: Zia Maria la Pazza + il Figliol Prodigo che è venuto a farci vedere quanto sia suonata, sperando che il mio Saggio Padre lo aiuti a togliersela dalle balle + "guest star" Mio Nonno, il fratello della pazza, e Mia Nonna, che odia Zia Maria dalla notte dei tempi + io, mio fratello e Mia Madre + le sconosciute comparse Zia Iolanda e il Marito.
E adesso, prima di venire al succo della storia, la risposta alla seconda curiosità: perchè è così famosa sta Zia Maria (se quanto detto finora non bastasse)?
E' UN COACEVO DI SFIGHE.
UNA NUVOLA DI FANTOZZI.
Un corvo, un gatto nero, un gufo.
E quando ieri è entrata in casa mia, signore e signori, il nostro tranquillo e moderno appartamento di città si è tasformato in un castello settecentesco che sembrava l'ambientazione di "Intrighi a Corte".

LA STORIA

Ovviamente Zia Maria arriva per ultima, come tutti i cattivi dei film.
Nel frattempo Mia Nonna si era accomodata in salotto e chiacchierava affabilmente (ma guardando ogni 30 secondi la porta di casa) con Zia Iolanda e il Marito, mentre il Saggio Padre preparava il caffè, mia Madre fingeva di partecipare alla conversazione insieme a Mio Nonno, e io e mio fratello cercavamo un nascondiglio sicuro.
Suona il campanello (musica solenne di un organo, latrati di cane - Birillo -).
Mio Nonno scatta in piedi, il Saggio Padre scappa in cucina, io e mio fratello restiamo pietrificati dove siamo tentando inutilmente di mimetizzarci con la tappezzeria, mentre Mia Nonna con calma serafica ed occhi assassini resta seduta sul divano.
In tutto questo le Comparse continuano a parlare da sole, ignare di tutto.
Tocca a Mia Madre andare a fare gli onori di casa.
Da Oscar la scena della Zia Cattiva e il Figliol Prodigo che fanno il loro ingresso, uno di fianco all'altro: Lui, con il volto coperto di sudore e gli occhiali appannati, che cerca disperatamente lo sguardo consensuale dei presenti; Lei, vestita di nero da capo a piedi, con tanto di crocefisso (e un gatto nero probabilmente nascosto sotto la gonna), con un sorriso beota e infantile stampato sotto i baffi (anch'essi rigorosamente neri).
Mancava solo la colonna sonora della Famiglia Addams.
Partono i convenevoli, baci e bacetti (nel caso di mia nonna, accompagnati da imprecazioni sommesse), e ci accomodiamo tutti, tranne mio fratello, che si dilegua subito, ed io che raggiungo il Saggio Padre in cucina per bere...e lo sapete come lo trovo?
Sghignazzante, intento a buttare manate di sale nel lavandino!
Ma vi rendete conto? Roba da Medioevo.
Per non parlare di Mia Madre che, dopo aver accompagnato Zia Maria al bagno e averla riportata al suo posto, corre in cucina e mi fà "Prendi la varecchina e buttala nel cesso, sbrigati!". Orami spiazzata e convinta di trovarmi in una dimensione parallela in cui nessuno sia chi veramente sembra ma solo alieni che si sono impossessati dei corpi dei miei parenti, eseguo gli ordini cercando di non dare nell'occhio.
E subito mi trovo nel bel mezzo di una specie di complotto al maschile: di fronte alla porta del bagno, lontano dalle orecchie della Zia Cattiva, il Figliol Prodigo non ha perso tempo per imboscarsi col Saggio Padre e cercare disperatamente di convincerlo a far fuori la vecchia.
Faccio finta di niente, compio la mia operazione Top Secret, e mi dirigo verso la cameretta. Passando per il salotto, vedo Mia Nonna e le malcapitate Comparse che cercano inutilmente di parlare con una dislessica Zia Maria di vecchie conoscenze del paese (per lo più morti, sono la sua specialità).
Chiaro l'atteggiamento di sfida di mia nonna nei confronti della Zia, cercando di dimostrare alle ingenue Comparse quanto lei sia più brava a ricordare le cose.
Comunque, scrollo le spalle e proseguo fino in camera.
Lì trovo Mia Madre intenta a confabulare con Mio Nonno, che da qui in poi chiameremo Ispettore Callaghan.
Ebbene sì, perchè il mio caro nonnetto, alla veneranda età di 73 anni, si è messo a fare l'investigatiore privato. Infatti lo vedo che tira fuori un estratto del conto di Zia Maria e ce lo mostra, spiegando che, impensierito per la relazione del Figliol Prodigo con la Signora Occhi di Gatto che potrebbe tentare di spennarlo, giorni prima si era recato alla posta per controllare le uscite del conto della sorella, ma che l'operatrice ovviamente gli ha detto che trattandosi di dati sensibili ciò non era permesso senza la presenza della titolare o del figlio.Quini quella volpe di Mio Nonno si è dato appuntamento di nascosto con la sorella, che tanto poco ci sta col cervello e altrettanto poco capisce, e l'ha condotta con sè in banca, ottenendo così l'agognato documento e scoprendo che (TADAAAA): nell'ultimo mese il Figliol (Mica Tanto) Prodigo, si è fregato ben 3.500 euro dal conto dell'insenziente madre!
Sagace il vecchietto, eh?
Nel mentre (è proprio vero, parli del diavolo e spuntano le corna) entra proprio il Figlio di Zia Maria, attaccando anche a noi il pippone di quanto sia disperato per la madre (bugiardo!) e ci parla di questa sua fiamma a cui INSPIEGABILMENTE hanno tolto la custodia del figlio e che POVERINA non ha un soldo.
A questo punto Mio Nonno (e qui magistrale è il primo piano con musichetta stile Beautiful, per la serie: "Tu non lo sai, ma ti ho scoperto") gli dice: "Comunque prima o poi me la devi presentare questa fidanzata, eh!".
Il terrore negl occhi sudati del Figliol Prodigo che cerca di svicolare con un mugugno di assenso.
Ma il gelo nella stanza viene interrotto da una scena tragicomica che ci si palesa di fronte: in salotto Zia Maria è intenta a parlare con l'armadio a specchio, chiedendo (a chi?) quando sia il momento di tornare a casa, che è passato già tanto tempo e lei vuole andare via.
Fantastico il cinismo di Mia Nonna che le fà: "A Marì, daje, siedite che stai a parlà cò lo specchio".
A quel punto vedo le Comparse, in particolare la Sconosciuta Zia Iolanda, che si scola una bottiglia di birra, prende per un braccio il Marito e ci viene a salutare prodigandosi in abbracci e frasi del tipo "Non mi conoscete, ma ci conosceremo" (era una minaccia?), il tutto in un ripugnante olezzo di alcol e vecchiume.
I Miei Nonni fanno lo stesso, e a quel punto è ora di andarsene anche per Zia Maria e il Figliolo, la quale ci lascia concludendo con una performance da Premio come Miglior Attrice: rivolta allo specchio, con tutti noi alle sue spalle, ci parla e ci saluta dicendo "Ciao a tutti, bbonanotte!" (specifico che erano appena le 19 e c'era ancora il sole) e poi, rivolta al riflesso di mia madre, aggiunge: "Cara, non me dai manco 'n bacetto?"
Finiti i bizzarri convenevoli l'allegro carosello parte, e una volta chiusa la porta mi trovo ancora costretta a scene ignobili in cui i miei genitori ridendo isterici e facendo una strana danza, spargono sale per casa.

MORALE

Non sono riuscita a trovarne una, giuro.
Però posso darvi i numeri da giocare al Lotto:
48, Morto che Parla
89, la Vecchia
21, la Donna Nuda
22, il Pazzo.
Dopodichè buttatevi un pò di sale e varecchina dietro le spalle, incrociate le dita e sperate.
Che non sia venerdì 17.

mercoledì 3 settembre 2008

Torna il freddo

Poco fà leggevo la frase MSN di Marzia: "Sta iniziando a fare un pò freddo"...
E' vero, ci avviciniamo all'autunno e l'aria sta rinfrescando qui a Roma.
Ed è un pensiero, un flash, un sussulto nello stomaco.
E' il ricordo dell'ultimo freddo che ho sentito, quello vero.
E' l'anima di una città, l'odore di cose nuove che poi sono diventate casa. E ora non lo sono più.
Ma io credo di esserci ancora lì, almeno nella mia mente.
Mi muovo a piedi, la bocca nascosta dalla sciarpa, e cammino tra i vicoli e le case basse e i mattoncini rossi.
Sono sulla mia bicicletta blu un pò traballante, con il fiato corto per le salite e il viso cotto dal vento. Ho le cuffie dell'Ipod nelle orecchie e corro lungo il fiume a ritmo di musica.
Sono sul pianerottolo mentre infilo la chiave nella porta, una chiave così piccola che sembra quella di uno stanzino. Dai una mandata e si apre, potresti buttarla giù con un soffio.
Entro nell'appartamento e poso le chiavi nello stesso posto, il giubbotto nello stesso posto, i guanti nello stesso posto.
Sono nel letto caldo, gli occhi stopicciati dal sonno, e scostando un pò la coperta dal viso sbircio dalla finestra com'è il tempo fuori. E riesci a sorridere e a stupirti, per un pò di sole.
E ancora, mi trovo nel supermercato. Ci sto per un'ora, anche più. Ho tempo. Controllo ogni prezzo, guardo le confezioni che mi piacciono. E lo conosco a memoria quel supermercato, scaffale per scaffale.
Salgo sul tram. E' come una culla calda, quando fuori fà così freddo. Osservo quella gente con la faccia così diversa dalla mia, cercando di capire quello che si dicono. E mi piace, mi piace non capirli mai.
Sono arrivata. Solo 10 minuti. Sono sempre solo 10 minuti.
E' un pensiero, un flash, un sussulto nello stomaco.
E' solo una piccola città.
Forse.
O forse è di più.
E' l'odore del divano su cui hai riposato e bevuto e fumato, è scoprire cose nuove ogni giorno, è il sapore di un dolce buonissimo, è la vista degli alberi e le case dal balcone.
E' un silenzio che non hai mai ascoltato.
E' il silenzio che hai dentro.
Quando per la prima volta ti fumi una sigaretta guardando fuori la pioggia che scende e ti accorgi che senti solo il soffio del fumo che esce dalla tua bocca.
Non le voci dei vicini, non il rumore del traffico.
E soprattutto non la tua voce. I tuoi perchè, le tue paure, le tue ansie che rimbombano dentro.
Non senti nulla, per la prima volta. Eppure sei così vivo, così te stesso.
Solo tu e un paesaggio. E un pensiero che cammina, piano piano, e và chissà dove.
Perchè c'è tempo per guardare dalla finestra, tempo per non parlare, tempo per non pensare.
E forse è tempo di ritornarci, un giorno o l'altro.

giovedì 28 agosto 2008

Vacanze e dintorni - Che vi siete persi...

NB: il "che vi siete persi" non è inteso tipo "in queste due settimane ho fatto cose fantastiche, alla faccia vostra", ma ha solo l'intenzione di annunciare il resoconto delle mie vacanze (con rientro annesso), per raccontarvi ciò che è successo mentre eravate tutti intenti a girovagare per la Penisola e oltre.


Dunque, vediamo in breve che cosa vi siete persi, per l'appunto...

1 - La settimana in Sicilia. Diciamo che il voto di questa vacanza si aggira intorno al 7. Buon cibo, tanto sole, poche spese, bella compagnia. Il problema è che ci sono stati un paio di notevoli inconvenienti che, ahimè, ai fini della valutazione pesano, e non poco . Il primo è che il quinto giorno mi è venuta un'otite fulminante con 39.6 di febbre, il che comporta varie gite "fuori programma" alla guardia medica di Sant'Alessio e in tutte le farmacie di Santa Teresa e dintorni. Che poi, di tutti 'sti santi mi avesse aiutato uno, ma vabbè.
Fattostà che sono ancora mezza malandata e vivo in simbiosi con il mio aerosol ("Dai, stasera andiamo tutti da Ylenia a farci una dose di Flumicil!").
Secondo inconveniente è stato l'arrivo di una ex collega dell'amico che ci ha ospitati.
36enne fresca di divorzio con tanto di corna ripetutamente subìte, è arrivata il giorno di Ferragosto verso le 11 e da quel momento non ha mai smesso di parlare. Che abbia qualcosa a che fare con la mia otite?
Per fortuna dopo un paio di giorni siamo riusciti a trovare un ragazzo con cui accoppiarla, il quale, in cambio di qualche strusciatina, si è sorbito al posto nostro tutti i suoi monologhi.
Era uno spettacolo esilarante osservarli in spiaggia: lei, civettuola, parlava di sesso, ex mariti e amanti senza mai prendere fiato, nè attendere repliche; lui annuiva sempre, fingendosi interessato, mentre in realtà credo fosse in una specie di trance autoindotta, e che nel suo cervello scorressero solo immagini di tette al vento e pomiciate lesbiche.
Ad ogni modo tutto fà scuola, e anche questa vacanza è archiviata, con le sue note dolci e amare(di medicina).

2 - Il rientro. Possiamo dire che è stato più positivo del previsto. Innanzitutto appena giunta sul suolo romano l'orecchio ha miracolosamente iniziato guarire e ho finalmente abbandonato gli antidolorifici. Ma la cosa più fica è stata che i miei genitori non c'erano e tutt'ora sono a casa da sola fino al 2 settembre. Cioè, non proprio sola sola.
Sto facendo le prove di convivenza, diciamo.
E, signore mie, posso pure affermare con una certa spavalderia che è andato e sta andando tutto liscio, contrariamente a ogni mia previsione del tipo "mi lascia sola ad Agosto a farmi mangiare dai vermi" oppure "dopo due giorni ci prendiamo a legnate sulle gengive".
MA ANCHE NO.
Siamo stati bravi, invece, e abbiamo trovato un buon equilibrio.
Io cucino, Lui prepara sigarette. Io lavo i piatti, Lui mi dà i bacetti sul collo. Io metto sù il caffè, Lui mischia le carte per giocare a Uno.
Pensate, è passata già una settimana e ancora ci chiamamiamo "Amore" (es. Lui: "Amore, mi porti un bicchiere d'acqua? E una fetta di pane e Nutella? E l'accendino, grazie." / Lei: "Chi è che ti telefona a quest'ora di notte, Amore?!?").
Comunque tutto è bene quel che finisce bene e presto torneremo ognuno a casa sua, con un pò di malinconia, sì, ma anche contenti di non avere nessuno che ti sveglia alle 3 di notte mettendoti la mano nell'acqua bollente o fingendo che ci sia un ladro in bagno.

3 - Il nuovo lavoro. Forse non tutti eravate aggiornati da questo punto di vista, comunque la storia è che la sottoscritta il 26 agosto doveva iniziare a lavorare nel reparto Marketing di una piccola società di produzione televisiva.
Dico "doveva" perchè credo che il mio sia il caso di autolicenziamento più veloce nella storia dell'impiego privato: ho resistito per ben 2h e 10min, dopodichè sono scappata, senza lasciare tracce.
Il motivo ve lo spiego poi bene in separata sede, ma il succo è che la peggio gente me la sono andata a capare io. Uffi uffi.
Tutto questo per dirvi che sono di nuovo scannata e a piede libero, perciò qualsiasi lavoro, e ripeto QUALSIASI, è ben accetto. Dico sul serio.
Accattatevill'.

Bè, credo che a questo punto l'aggiornamento sia finito, anche perchè avevo iniziato con "in breve" ed è più di un'ora che sto scrivendo.
Vado a pranzo, và.
Alla prossima vacanza...MA ANCHE NO!

sabato 9 agosto 2008

Basta che sia pasta

Si inaugura oggi la rubrica "Incontri culinari del 3° tipo".
Una raccolta di ricette che solo i palati più originali (e folli?) potranno apprezzare e divulgare.
Troverete pietanze introvabili, darete vita a miscugli irripetibili.
Tra fornelli e cucchiarelle vi sentirete i nuovi Mago Merlino.

Siete pronti? Siete caldi?
Oggi si inizia alla grande, con ben 2 ricette!


(1) PENNETTE RUSTICHELLE

Difficoltà

@ (se le lenticchie, come nel mio caso, ve le ha bollite già mamma)
@@ (se ve le dovete bollire voi)

(Legenda: facile facile @, abbastanza facile @@, così così @@@, io non ci ho manco provato @@@@)

Ingredienti per 4 persone

Pennette (o qualsiasi pasta volete basta che sia corta e rigata)
Lenticchie (fatte bollire in precedenza con una gambo di sedano e una cipolla), 100gr
Melanzana, una piccola
Zucchine, due grandi (o tre piccole)
Vino bianco, un bicchiere (poi dipende...se siete sole e tristi, versatevene anche qualcuno per voi)
Un rametto di rosmarino
Cipolla
Olio d'oliva
Sale
Pecorino a piacere
+ un frullatore

Preparazione

Tagliate melanzane e zucchine a dadini, dopodichè mettetele in una padella dove prima avrete fatto soffriggere leggermente la cipolla.
Salate e fatele sfumare con un bicchiere di vino bianco appena si asciuga l'olio.
Quando si asciuga il vino aggiungete un pò d'acqua e così via fino a cottura ultimata.
Poi frullate le lenticchie con un pò dell'acqua ottenuta dalla bollitura (compreso il sedano e la cipolla), sale, olio, rosmarino e un pizzico di pecorino.
Cuocete la pasta (io la consiglio al dente), scolatela, versatela nella padella con le melanzane e le zucchine, mantecate aggiungendo la salsa di lenticchie e il gioco è fatto.
Non resta che mettere nei piatti e aggiungere pecorino a volontà.



(2) PASTA GRATINATA "SOLOMELANZANE"

Difficoltà

@@ (il forno può nascondere mille insidie per i meno esperti)

Ingredienti per 4 persone

Melanzane, tre, di tipo lungo e nero (donne, non fate strane congetture)
Penne rigate, 500gr
Parmigiano grattugiato
Alcune fette di formaggio, tipo Galbanino
Vino bianco, un bicchiere (idem come prima)
Aglio
Erba cipollina
Sale
Olio d'oliva
+ il solito immancabile frullatore
+ una pirofila di media grandezza

Preparazione

Tagliate le melanzane a dadini e fatele cuocere in una padella in cui avrete precedentemente fatto soffriggere due spicchi d'aglio; aggiungete sale e erba cipollina.
Cuocetele con lo stesso procedimento della ricetta precedente.
A cottura ultimata, frullate 2/3 delle melanzane, aggiungendoci un pò di olio a crudo se vi sembra che il composto risulti troppo asciutto (importante: tritate anche i 2 spicchi di aglio, o al limite buttateli).
Cuocete la pasta molto al dente e conditela con metà della crema ottenuta, mischiando il tutto con una manciata di parmigiano e con il formaggio Galbanino tagliato a pezzettini.
Ora disponete tutto nella pirofila nel seguente ordine:
- uno strato con metà della pasta
- uno strato di parmigiano
- uno strato composto dalle melanzane non frullate (il famoso 1/3 avanzato da prima..l'avevate dimenticato, eh?)
- un altro strato con la pasta rimanente
- uno strato della crema di melanzane avanzata (la metà che vi eravate messe da parte prima...un punto in meno alle più disattente!)
- uno strato di parmigiano
A questo punto mettete tutto in forno preriscaldato a 200° e cuocetelo per circa 20 minuti, o comunque finchè non si farà la crosticina invitante sopra.
E il pranzo è servito!


Al prossimo incontro, amiche dei fornelli!
E buone vacanze a tutti.

giovedì 31 luglio 2008

Là dove finiscono le fiction...

...ecco a voi il seguito di THE TUDORS, in onda fino ad oggi ogni giovedì su canale 5.
La storia per scelte di regia si ferma stasera con la scissione tra chiesa cattolica e anglicana, tralasciando tutte le avventure (e sfighe) matrimoniali che Enrico VIII avrà negli anni a seguire.
Pertanto vi "copioincollo" un mio post abbastanza recente che tratta a mò di favoletta e per intero proprio la fantastica biografia del monarca inglese.
Che, senza invenzioni nè artefici, a Ridge, Brooke e compagnia bella gli fà un baffo.

C'era una volta un Re. Non era bello, ma piaceva molto alle donne.
Il suo nome era Enrico Ottavo (Enrico di nome, Ottavo di cognome).
Quando aveva solo 18 anni suo padrè morì e lui si trovò a governare l'Inghilterra da solo in giovane età.
A questo punto, al nuovo Re serviva una Regina.
Fu così che per far restare tutto in famiglia, Enrico pensò bene di chiedere in sposa la vedova di suo fratello, Caterina D'Aragona, la quale dovette giurare di non aver mai avuto rapporti intimi con il precedente marito (Enrico era un tipo piuttosto permaloso).
La ragazza era spagnola, molto religiosa, ma anche lei non proprio bellissima.
Come si dice, Dio li fa e poi li accoppia.
Enrico e Caterina desideravano molto un figlio maschio, ma per quanto ci provassero e riprovassero, riuscirono solo ad avere una femminuccia, Maria, mentre altri sei bambini nacquero morti.
Quando Caterina divenne troppo vecchia per fare ancora figli, Enrico Ottavo iniziò a divertirsi con altre donne.
La prima fù la dama di corte Maria Bolena. Da questa ebbe un figlio che Enrico non riconobbe, così la ragazza e il bambino furono rispediti in campagna.
Ma siccome Enrico aveva bisogno di un maschio da far salire al trono quando lui sarebbe morto, era necessario che si sbarazzasse della povera Caterina e sposasse un'altra donna.
Decise che questa donna sarebbe stata la giovane e bella sorella di Maria, Anna Bolena.
Ora, il problema è che a quei tempi non esisteva il divorzio, men che meno per un Re, pertanto il furbo Enrico dovette trovare una scusa per far annullare il suo matrimonio.
Dapprima fece processare Caterina dicendo che aveva mentito e che aveva consumato il matrimonio con il fratello morto.
No, non la fece indagare per necrofilia; intendo dire che il matrimonio l'avevano consumato quando il fratello era ancora vivo, ma che poi è morto. Vabbè, continuiamo.
I giudici però la assolsero da questo reato, e allora, siccome Enrico era il Re e il Re può fare tutto quello che gli pare, decise di sposare Anna in segreto e di annullare il matrimonio con Caterina senza sè e senza ma, ricevendo per questo la scomunica dal Papa. E' proprio vero che un pelo di fica tira più di un carro di buoi (anche se il carro è guidato da Sua Santità).
Così, detto fatto, anche Caterina fà i bagagli e se ne và fuori città insieme alla figlioletta.
A questo punto il Re ha il via libera per iniziare a fare porcherie con Anna Bolena, che infatti presto rimane incinta (se non capite il nesso porcherie-gravidanza, andate su Wikipedia alla voce "Cicogna").
Come tutti saprete, nel Cinquecento non c'era l'ecografia, così i due sposi passarono 9 mesi sperando che si trattasse di un maschietto. E invece nacque Elisabetta Prima (Elisabetta di nome, Prima di cognome; sì, in teoria avrebbe dovuto chiamarsi Elisabetta Ottavo, ma il padre non le voleva tanto bene perchè era femmina e le cambiò cognome).
Allora la povera Anna dovette riprovarci ancora e ancora, ma ogni volta il bambino maschio nasceva morto.
A questo punto a Re Enrico arrivarono alcune segnalazioni (un pò come succede oggi a "Uomini e Donne"), che gli rivelarono che la moglie tra un parto e l'altro si trastullava con vari giovanotti, tra cui anche suo fratello. Pare però che le malelingue dicessero il falso e la donna si dichiarò sempre innocente. "Sono una donna, non sono una santa..ma neanche una zoccola", urlava dimenandosi per i corridoi del palazzo mentre la portavano in cella.
Ma ciò non servì a nulla perchè Enrico Ottavo, che oltre ad essere permaloso era pure molto irascibile, ce la ebbe a morte lei, e infatti le fece tagliare la testa con l'accusa di stegoneria, adulterio e incesto, ovviamente dopo aver annullato il loro matrimonio. Roba che in Italia sarebbe diventata la Regina di tutte riviste gossip.
Quello che si dice: essere nel posto sbagliato al momento sbagliato.
A questo punto Enrico, che già da tempo si intratteneva con la dama Jane Seymour, decise di sposarla il giorno dopo. E subito ci si mise d'impegno anche con lei.
E si impegnarono così tanto che finalmente nacque un bambino, Edoardo, ma la povera Jane morì stremata dalla fatiche dell'amore due settimane dopo.
A questo punto i giochi sembravano fatti, ma il medico disse che il fanciullino era molto debole e malaticcio, perciò il Re per essere più sicuro decise che aveva bisogno di un'altra moglie, e di un altro figlio maschio di riserva (non è che niente niente siamo risaliti a una lontana discendenza di Moratti?)
Così sposò la straniera Anna Di Clèves, che era brutta e protestante. Ma per quanto Enrico si sforzò di farsela piacere, la ragazza era proprio ripugnante, tanto che il matrimonio non fu consumato e venne annullato (ma và?) nel giro di pochi mesi.
Allora Enrico, che sarà stato pure un buon Re, ma non brillava certo per astuzia, pensò bene di impelagarsi di nuovo con la famiglia Bolena, sposando stavolta la cugina di Anna, la allora diciottenne Caterina Howard. E siccome buon sangue non mente, Caterina, non solo non diede a Enrico alcun erede maschio, ma fu accusata di avere una relazione con un cortigiano (che stavolta pare fosse vera).
Il Re, che ormai ci aveva fatto il callo, fece annullare anche questo matrimonio e l'adulterina venne giustiziata di lì a poco.
E siamo a cinque.
A questo punto Enrico si disse:"O la va o la spacca", e si giocò l'ultima carta, anche perchè ormai iniziava ad avere una certa età.
Così convolò a nozze con la ricca vedova Caterina Parr. Neanche a dirlo, i due ci provarono, ma di figli non ne arrivarono neanche stavolta.
Dopo alcuni anni, notevolmente sovrappeso e probabilmente malato di sifilide (cosa di cui non c'è da stupirsi), Enrico morì, lasciando tutto in eredità alla sesta e unica moglie valida.
I trono passò così in mano al bianchiccio Edoardo, a soli 9 anni. Il poveretto, dimostrando che i maschi della famiglia Ottavo non erano proprio fortunatissimi, morì a soli 16 anni, lasciando la corona prima a Maria, figlia di Caterina D'Aragona, e poi a Elisabetta Prima, figlia di Anna Bolena, la regina più famosa e longeva d'Inghilterra.
Insomma, Enrico Ottavo tanto ha detto, tanto ha fatto, che alla fine il trono è andato a una donna.

MORALE DELLA FAVOLA:
Chi troppo vuole, nulla stringe.

Tiè.

sabato 26 luglio 2008

Ylenia con la Y

Il titolo di questo blog non è dato certamente dal caso nè tantomeno da una mia fissazione malata.
Dovete sapere che il mio nome è un pò un cruccio sin da quando ero in fasce.
Molto grazioso per carità, ma insomma, ha dato i suoi problemi.
A parte che il parroco della chiesa di Santa Maria Maggiore inizialmente si rifiutò di battezzarmi perchè non c'era una santa con il mio nome.
Ma io dico, parroco caro, che problema ti creava?
Sono una neonata, non sono una santa.
Non avrei festeggiato l'onomastico? Avrei avuto una sfilza di auguri in meno?
Riposa pure con la coscienza tranquilla, sono sopravvissuta per 26 anni e credo che per i prossimi 100 avrò ben altro da fare che maledirti per non avermi dato un nome cattolico.
Insomma, quello che penso io è: meglio chiamarsi Ylenia e non avere un onomastico, che chiamarsi Assunta, Pasqualina o Addolorata. Senza offesa, eh.
Comunque, tutto bene quel che finisce bene, e alla fine come potete intuire per la faccenda del nome la spuntò mia madre.
Mamma-Parroco 1-0. Alleluja, Alleluja.
Ma fù con il passare degli anni che l'originalità del mio nome cominciò a creare i primi malintesi.
Il più memorabile fra tutti, e che ancora ricordo nitidamente nonostante avessi avuto circa 12 anni, è stato quando un mio piccolo spasimante delle medie decise di regalarmi un disegnino che aveva fatto appositamente per me.
Da brava femminuccia io già avevo sgamato che quella specie di mostricciattolo biondo che stava ritraendo ero io, ma feci finta di nulla, aspettando piena di orgoglio il momento in cui timoroso me lo avrebbe consegnato. Quanto ci piace farli crepare nell'incertezza!
Dopo un pò sento che mi bussa sulla spalla e mi fà: "Ylenia come si scrive?" e io, già rassegnata alla solita trafila, gli rispondo con sufficienza: "Con la Y".
Allorchè lui tutto premuroso si mette a scarabocchiare qualcosa sotto il disegno e me lo porge.
Io allungo la mano, gli sorrido (ma senza dargli troppa soddisfazione) e guardo il foglio.
Sotto all'obbrobbrio c'era scritto "Per Ylegna".
Ylegna. Un premio per l'inventiva al mio compagnetto delle medie.
Ovviamente, manco a dirlo, tra me è il nemico numero 1 della grammatica italiana non c'è mai stato nulla.
Ma proseguiamo.
Gli anni passano, dalle medie vado alle superiori, e gli errori si fanno sempre più vari: Ylenia scritto con la "I" nel registro di classe, professori che mi chiedono sempre la stessa cosa ("Ma scritto con la I o con la Ypsilon?") e supplenti convinti che mi chiami Anastasia Ylenia (confondendo il cognome con il nome).
Numerose anche le lezioni di alfabeto internazionale che impartivo al personale delle varie amministrazioni.
Infatti c'era anche chi, dovendo scrivere le mie generalità, al mio anticipare: "Ylenia, scritto con la Ypsilon" mi chiedeva: "Ma Ypsilon è la I greca o la I lunga?", intendendo per I greca la "Y" e per I lunga la "J".
Insomma, un'odissea senza fine.
Spesso il nome me lo scrivevo direttamente da sola che facevo prima.
Ma la creatività della gente non ha confini e talvolta le insidie si nascondevano anche dove pensavo di aver fatto tutto il possibile per non creare malintesi.
"Ylenia con la Ypsilon", dichiaravo io, pensando già di aver anticipato ogni domanda ed essere scampata da qualsiasi stramberia.
Poi andavo a ritirare il documento di turno e c'era scritto "Ilenya".
Eh no, cazzarola.
Fra un pò quando mi chiederanno come mi chiamo dirò direttamente: "Ylenia, con la I greca iniziale, la I normale in mezzo e senza gn".
Insomma cari miei, di aneddoti ce ne sarebbero infiniti, ma credo che questo basti come piccola spiegazione. Così, tanto per farvi capire in che razza di blog siete capitati.
Sembra il titolo di un trailer di Maccio Capatonda, eppure è solo il mio nome.
Non Francesca, nè Maria, nè Valentina.
Ylenia. Con la Y.

venerdì 25 luglio 2008

Goodbye Valentino (ottobre 2007)


L'ho messo nell'anfora di vetro con la sua bustina e la sua acqua per farlo abituare gradualmente alla temperatura.
Gli ho dato da mangiare tutti i giorni alla stessa ora.
L'ho messo nella postazione centrale della casa per dargli importanza, farlo sentire il benvenuto.
Gli ho dato un compagno simpatico, estroso, pieno di energie.
Gli ho cambiato l'acqua due volte in due giorni per essere sicura che fosse alla temperatura giusta.
E ALLORA PERCHE' E' MORTO?
Non ci sono spiegazioni logiche, perchè Gucci è ancora vivo, vegeto e saltarellante nella stessa vasca, nella stessa acqua, con lo stesso cibo e la stessa luce. Ha vissuto pure una notte con un cadavere e sta là tutto allegro con i suoi occhietti vispi che mi guarda come per dire "Io non c'entro niente".
E invece no, caro Gucci, a me questa storia puzza (di pesce) (morto).
Perché se tutti i fattori sono invariati ce n'è solo uno che può essere la causa della morte del povero Valentino: Gucci stesso. Quello che doveva essere il suo fedele compagno di vita.
Tra l'altro il vedovo non ha mostrato alcun segno di dispiacere per l'accaduto, il che mi sembra alquanto strano, non vi pare?
Ma lasciate che vi racconti.
In pratica ieri, mentre me ne stavo tranzolla tranzolla sul divano a vedere "Popstar" in francese, arriva Klaartje tutta spaventata e in un misto di italiano/inglese/fiammingo mi spiega che quando un pesce giace nell'acqua in posizione diagonale sta per morire. Oh cazzo!
E' vero che negli ultimi giorni era un pò depresso (in effetti l'avevo comprato solo da due giorni e non era mai stato il massimo della vitalità), però da qui a lasciarsi morire!
Insomma, iniziamo a bussargli sul vetro e a tratti pare riprendersi. Fa una piccola nuotatina fino al fondo della vasca, poi di nuovo lentamente si lascia risalire a galla, sempre in quell'inquietante posizione diagonale.
"E' entrato in coma" dice Klaartje. Cazzo, in coma, dentro casa mia!
Ok, è solo un pesce ma ste cose mi fanno senso lo stesso. Lo vedi che sta là, questa animella di Dio, con la faccetta languida che un pò ti guarda, un pò già vede la fine del tunnel.
Ma io imperterrita gli dò un altro colpetto sul vetro, e pare muoversi ancora.
O forse no, forse è solo il movimento dovuto all'acqua.
"Ha gli spasmi" dice l'amica di Klaartje. Oh, ma che è una persona?
Me la fanno prende a male così, non è giusto. Io che cerco invano di rianimarlo e ste due là davanti a farmi la telecronaca della sua agonia in diretta.
A questo punto sembra davvero aver esalato l'ultimo respiro, allora decidiamo di buttarlo, ma non facciamo in tempo a prenderlo che dà un altro colpetto di coda e fà una piccola nuotatina. Il panico.
Allora Klaartje aggiunge "Forse sta avendo un HEART ATTACK!". Un attacco di cuore??!!? "Si, se l'acqua è troppo fredda o troppo calda".
Boh, io ci ero stata attenta, è proprio delicatino sto pesce. E vabbè, vado di là per mischiare l'acqua al punto giusto, mi incollo l'ampolla di vetro, aggiungo l'acqua nuova e Valentino sembra riprendersi ancora. Ma poi sempre in quella minchia di posizione diagonale mistica, si lascia trascinare dalla corrente verso l'alto.
E in tutto questo, amici cari, Gucci che faceva? Se ne stava sul fondo della sua vaschetta a rimpinzarsi la pancia come un maledetto, con gli occhi da pazzo che solo un pesce che è vissuto un anno in una vasca da solo a girare miliardi di volte su se stesso può avere.
Così ho detto a Klaar "Strano, Gucci sta così bene, cosa sarà successo?" e lei: "Valentino è il terzo pesce che muore, Gucci ha avuto già altri due compagni".
Ah, e dimmelo prima no! Allora mi sono fatta due conti e la conclusione è che Gucci è un indiavolato che conduce tutti i suoi compagni alla morte.
Provate voi a condividere per più di 24 ore una stanza di un metro quadro con un pazzo da manicomio e vedrete se il giorno dopo non tentate il suicidio. Ecco, Valentino ha fatto lo stesso. Non mangiava, non nuotava, non sorrideva più.
Si è semplicemente lasciato morire, da solo e incompreso.
Stamattina al mio risveglio l'ho trovato che galleggiava inerme (e Gucci sempre sul fondo vasca con la faccia da pazzo che schizzava da una parte all'altra).
Allora l'ho preso e l'ho raccolto con la scatola dei Grisbì al cioccolato.
Quella che si dice una morte dolce.
Poi l'ho fatto scivolare piano piano nel wc, ed ho tirato lo sciacquone. Due volte, per essere sicura che non riemergesse mentre faccio i miei bisogni.
Vai in pace caro Valentino, risposa con i due piccoli amici che ti hanno preceduto, Dolce & Gabbana.
Il brutto è che ora stare da sola in quella stanzetta di 40 cm quadri seduta sul wc mi fa un pò strano.
Il nostro water è infestato dagli spiriti dei pesci suicidi.

Ad ogni modo, goodbye Valentino.

Crostatina cambia casa

Eccomi finalmente.
Aria fresca, aria nuova.
Un blog ad accesso libero, con gente che va e gente che viene, non ci si capirà più niente.
Un orgia-blog.
Vi voglio reattivi ragazzi.
E intanto vi segnalo il blog del buon vecchio
Tibbia.

Piccola anticipazione. Presto metterò un pò di "Best Of..", per i nuovi arrivati.

Che dire?
Ancora benvenuti a tutti.
Nuovi e vecchi.
Ciau.